| Influenza di fattori genetici e nutrizionali sulla sensibilità insulinica e sulla infiammazione subclinica in individui con diabete tipo 2 o con sindrome metabolica Università degli Studi di Napoli "Federico II" Abstract Lo studio sarà svolto su due coorti di pazienti, una rappresentata da soggetti con diabete tipo 2 e l'altra da individui non diabetici con diverso grado di insulinoresistenza e consisterà di una fase trasversale e di uno studio di intervento da effettuare in un sottocampione delle due coorti. Per quanto riguarda la fase trasversale, in ambedue le coorti saranno valutate:1) La frequenza delle complicanze cardiovascolari. A tal fine verrà eseguito un esame ECG, letto secondo il Codice Minnesota ed interpretato secondo i criteri di Whitehall per l'ischemia e sarà misurato l'Indice di Winsor (rapporto pressione arteriosa sistolica Caviglia/braccio) 2) Marcatori plasmatici di infiammazione subclinica e disfunzione endoteliale: Proteina C Reattiva ultrasensibile (latex -enhanced nefelometria) PAI-1, Fibrinogeno (antigene), interleuchina 6, interleuchina 10, TNFa (ELISA), ADMA (asimmetric dimetil arginina, con HPLC) 3) Insulinosensibilità: dosaggio di insulina con anticorpo specifico e proinsulina, calcolo dell'indice HOMA-IR e del rapporto insulina/proinsulina 4) Insulinosecrezione: C-peptide a digiuno e calcolo dell'indice HOMA betacell 5) Dieta: in particolare l'indice glicemico ed il carico glicemico medio (glycemic load) della dieta, la quantità e la composizione dei grassi alimentari, il consumo di antiossidanti totali 6) Fattori genetici: saranno tipizzati i principali geni coinvolti nella modulazione dell'insulinosensibilità (TNFa, PPARg, glicoproteina PC-1, IRSs, glicogeno sintasi) ed alcuni geni che modulano la risposta all'infiammazione (TNFa, INL 6, PAI 1), in collaborazione con l'UO di Genetica Molecolare Napoli 2 Per quanto riguarda gli studi di intervento, essi saranno due ed effettuati, uno in pazienti diabetici, l'altro in pazienti non diabetici con diverso grado di insulinoresistenza. Nel primo si valuterà l’effetto di una diversa composizione in grassi della dieta (saturi vs monoinsaturi) sull'insulinoresistenza, i parametri dell'infiammazione e le variabili della Sindrome Metabolica. Nell'altro invece, si valuterà l'effetto di una dieta con elevata capacità antiossidante sugli stessi endpoint. Entrambi gli interventi dietetici saranno condotti secondo un disegno cross-over randomizzato. <<<
Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca Gabriele RICCARDI Università degli Studi di NAPOLI "Federico II" Obiettivo del Programma di Ricerca L'obiettivo generale del programma di ricerca è quello di valutare come fattori ambientali, in particolare la qualità della dieta, e fattori genetici possano interagire nella modulazione dell'espressione clinica della Sindrome Metabolica ed influenzare il rapporto tra infiammazione subclinica, insulinoresistenza ed espressione clinica della sindrome stessa in due differenti popolazioni, una rappresentata da pazienti con diabete mellito tipo 2 ed un' altra da individui non diabetici con diverso grado di insulinoresistenza.
Gli obiettivi specifici di questo programma di ricerca sono: 1. valutare la prevalenza della Sindrome Metabolica in una popolazione di soggetti diabetici tipo 2 dell' Italia Meridionale in relazione alla composizione della dieta abituale; 2. valutare l' associazione tra complicanze del diabete, micro e macrovascolari, e la presenza di Sindrome Metabolica nei pazienti con diabete mellito tipo 2; 3. valutare la relazione tra marcatori plasmatici dell' infiammazione subclinica e della disfunzione endoteliale ed insulinoresistenza, sia nella popolazione con diabete tipo 2 sia in quella senza diabete; 4. valutare l' influenza della dieta abituale, in particolare della sua composizione lipidica e della sua capacità antiossidante totale, sui marcatori plasmatici di infiammazione subclinica, sull' espressione genica dei marcatori di infiammazione e sull'insulinoresistenza. Tale valutazione sarà fatta sia nella popolazione diabetica che in quella non diabetica; 5. valutare se l'insulinoresistenza è in grado di influenzare l'espressione genica a livello leucocitario, in particolare dei geni associati all'infiammazione; 6. valutare, con uno studio di intervento in soggetti non diabetici con e senza insulinoresistenza, gli effetti di una dieta con elevata capacità antiossidante sui principali marker dello stato infiammatorio, sull'espressione dei principali geni coinvolti nell'infiammazione e sull'insulinoresistenza; 7. valutare, con uno studio di intervento in pazienti con diabete mellito tipo 2, gli effetti di due diete a diverso contenuto in acidi grassi (una ricca in acidi grassi monoinsaturi ed una ricca in acidi grassi saturi) sull'insulinoresistenza, su altri fattori di rischio cardiovascolare (pressione arteriosa, lipidi a digiuno e postprandiali) e sui parametri dell'infiammazione subclinica; 8. cercare di identificare le possibili interazioni gene-gene e gene-ambiente che potrebbero essere associate al diabete tipo 2, alla Sindrome Metabolica e all'infiammazione subclinica. In particolare, saranno tipizzati, sia nella popolazione diabetica che in quella non diabetica, i principali geni coinvolti nella modulazione dell'insulinosensibilità e della risposta all'infiammazione, per identificare, mediante un approccio multifattoriale, i profili genotipici che predispongono a queste patologie. <<< Risultati parziali attesi 1.identificazione di individui con Sindrome Metabolica sia nell'ambito di una popolazione con diabete mellito tipo 2 sia nell'ambito di una popolazione non diabetica 2.identificazione nell'ambito delle due popolazioni della possibile relazione tra composizione lipidica e capacità antiossidante della dieta abituale, insulinoresistenza e infiammazione subclinica 3.identificazione, sempre nelle due popolazioni, del legame tra insulinoresistenza ed infiammazione subclinica 4.identificazione delle interazioni gene-gene e gene-ambiente che potrebbero essere associate al diabete tipo 2, alla Sindrome Metabolica e alla risposta infiammatoria 5.effetti di diversi interventi dietetici (aumento della capacità antiossidante totale, diverso tipo di acidi grassi) sull'insulinoresistenza e sull'infiammazione subclinica sia in pazienti con diabete che senza <<< Durata 24 mesi Base di partenza scientifica nazionale o internazionale La Sindrome Metabolica è una condizione che comprende un insieme di alterazioni metaboliche e fattori di rischio cardiovascolare (iperglicemia, dislipidemia, ipertensione, adiposità addominale) che si riscontrano in individui con insulino-resistenza (1,2). Giacché alcune componenti della Sindrome sono di per sé consolidati fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, è atteso che la loro aggregazione risulti in una condizione di rischio particolarmente elevato. In effetti, nella popolazione generale diversi studi hanno dimostrato che in presenza della Sindrome Metabolica l'incidenza di eventi cardiovascolari e la mortalità sono aumentati (3,4). Il rischio aumenta progressivamente con il numero dei componenti della Sindrome e si associa, in maniera indipendente dai fattori di rischio presenti, al grado di insulino-resistenza (5). Tuttavia non tutti gli studi sono concordi nel riconoscere all'insulino-resistenza e, in particolare, alla sua manifestazione clinica (Sindrome Metabolica), il ruolo di fattore di rischio cardiovascolare indipendente (6). Questo suggerisce l'esistenza di una certa eterogeneità tra gli individui con Sindrome Metabolica per cui l'elevata incidenza di eventi ischemici miocardici potrebbe essere la conseguenza non della Sindrome di per se (né della condizione di insulino-resistenza che ad essa è frequentemente sottesa), bensì di altre alterazioni che ad essa possono associarsi con diverso grado di probabilità. Studi recenti hanno dimostrato che nella patogenesi delle malattie cardiovascolari, sono coinvolti, accanto ai classici fattori di rischio, fattori vasali (disfunzione endoteliale, squilibri dell'emostasi) ed infiammatori che sono spesso associati ad insulino-resistenza (7-10). Recente è la dimostrazione dell'associazione tra indicatori di flogosi e Sindrome Metabolica. Sia il TNFa che gli acidi grassi liberi stimolano una chinasi denominata IKK la quale è coinvolta nel controllo dell'attivazione di NF-kappa-B, molecola effettrice terminale degli stimoli infiammatori. Tra i fattori dell'infiammazione che più frequentemente si riscontrano aumentati in individui con Sindrome Metabolica ci sono la proteina C reattiva e l'interleuchina 6, mentre si osserva una ridotta concentrazione plasmatici di interleuchina 10 che ha funzioni spiccatamente anti infiammatorie (11, 12). E' stato, pertanto, ipotizzato che l'associazione tra Sindrome Metabolica e aumentato rischio cardiovascolare sia, almeno in parte, mediata dalla presenza di tali fattori; mancano, però, studi in grado di dimostrare in maniera inoppugnabile tale ipotesi.
Questa problematica nuova e, quindi, solo parzialmente esplorata, risulta ancora meno definita nei pazienti diabetici. Infatti, va sottolineato che nei pazienti con diabete tipo 2 solo una percentuale variabile di soggetti presenta la Sindrome Metabolica, nonostante che l'insulino-resistenza sia virtualmente presente nella totalità dei pazienti. E' verosimile che l'interazione tra fattori genetici e ambientali (e tra questi la dieta) condizioni la manifestazione della Sindrome; manca, tuttavia, una chiara identificazione di tali fattori che consenta un corretto approccio preventivo (13, 14). Piuttosto carenti sono anche le informazioni inerenti la relazione tra Sindrome Metabolica e malattie cardiovascolari nei pazienti diabetici e, pertanto, anche in questi pazienti, si potrebbe ipotizzare un ruolo dei fattori infiammatori nel condizionare lo sviluppo e la progressione dell'arteriosclerosi in direzione di una sua manifestazione clinica cardiovascolare. Sembra ragionevole ipotizzare che tra i fattori che possano influenzare l'associazione tra infiammazione subclinica e Sindrome Metabolica nei pazienti con diabete tipo 2, non solo sia coinvolta l'insulinoresistenza, ma siano da chiamare in causa anche la dieta e i geni (e, tra questi, quelli che specificamente regolano l'espressione dei fattori dell'infiammazione quali, ad esempio, TNF alfa, interleuchine, PAI 1, fibrinogeno etc) Purtroppo, pochi studi hanno valutato questa problematica; per quanto attiene all'effetto della dieta, è stato dimostrato che la riduzione ponderale è in grado non solo di migliorare il quadro clinico e metabolico della Sindrome Metabolica, ma anche di indurre una significativa riduzione dell'insulinoresistenza e di migliorare, nel suo complesso, lo stato di infiammazione subclinica (15, 16). Mancano, però, informazioni sui possibili effetti della composizione della dieta, indipendentemente dal suo contenuto calorico, sull'insulinosensibilità e sull'infiammazione subclinica nei pazienti diabetici. In questo contesto, un ruolo importante potrebbe essere svolto dai grassi della dieta non solo in termini di quantità ma anche di composizione (saturi vs insaturi) come sembrerebbero indicare gli studi su animali e quelli condotti in individui normoglicemici (14). Oltre il tipo di grassi della dieta, un'altra caratteristica della dieta in grado di modulare la risposta infiammatoria, l'insulinoresistenza e, quindi, il rischio di diabete e malattie cardiovascolari può essere rappresentata dalla sua capacità antiossidante. Lo stress ossidativo è una condizione nella quale la quantità di specie reattive dell'ossigeno (ROS) supera i livelli di sostanze in grado di neutralizzarle (antiossidanti). E' stato osservato come questo tipo di stress sia coinvolto in numerose situazioni patologiche quali insulinoresistenza (15), diabete (16) e malattie cardiovascolari (17). Numerosi studi condotti negli ultimi anni dimostrano come lo stress ossidativo possa innescare lo sviluppo dell'insulinoresistenza (18) e come l'insulinoresistenza sia il principale fattore favorente lo sviluppo del diabete di tipo 2, con aggravamento dell'iperglicemia e conseguente deterioramento della secrezione insulinica da parte delle β-cellule (19). Basandosi su queste osservazioni, sia una dieta ricca in specifici antiossidanti che alti livelli di antiossidanti plasmatici sono stati correlati ad un ridotto rischio di insorgenza di diabete (20,21). Uno dei possibili meccanismi attraverso i quali le molecole antiossidanti possono svolgere il loro ruolo protettivo nei confronti dello squilibrio del controllo glicemico e del diabete potrebbe coinvolgere i processi infiammatori. Pertanto, una possibile contromisura per contrastare i fenomeni infiammatori e il conseguente rischio di ridotta tolleranza al glucosio potrebbe essere costituita dagli antiossidanti. La vitamina E si è dimostrata un efficace antinfiammatorio riducendo significativamente la PCR plasmatica e l'IL-6 in pazienti diabetici e controlli sani dopo una supplementazione di 3 mesi. (22). In un secondo studio, Upritchard e collaboratori (23) hanno osservato lo stesso effetto antinfiammatorio della vitamina E anche in periodi di supplementazione più brevi (4 settimane). I flavonoidi hanno mostrato un importante potenziale terapeutico per il trattamento di svariate patologie infiammatorie coinvolgenti aumento di leucociti circolanti (24). Nel lavoro di Ma e collaboratori (25), antiossidanti fenolici si sono dimostrati in grado di inibire l'induzione di citochine da parte di stimoli infiammatori agendo su NF-kB. Molti altri componenti dietetici sono stati messi in relazione con la PCR. L'associazione tra consumo di alcool (misurato mediante un diario alimentare della durata di 7 giorni) e le concentrazioni di PCR, di a1-globuline, a2-globuline, albumina, transferrina e conta leucocitaria è stata studiata in un campione di 2006 uomini e donne di età compresa tra 18 e 88 anni (26). Il risultato più significativo mostra come i non consumatori e i forti consumatori di alcool abbiano livelli di PCR più alti dei bevitori moderati, con un trend che segue la caratteristica associazione ad "U". In un altro studio, il consumo moderato di alcool è stato associato con concentrazioni di PCR più basse rispetto ad un consumo nullo o occasionale in uno studio cross-sectional effettuato su 1732 uomini e 1101 donne. Questo effetto è risultato indipendente dagli effetti dell'alcool sui lipidi (27). La fibra dietetica è stata significativamente correlata a bassi valori di PCR in 4900 adulti partecipanti al NHANES 99-00 (28). In questi tre studi, effetti benefici sullo stato infiammatorio sono stati attribuiti ad alcool e fibra. Tuttavia, caratteristica comune di queste due componenti della dieta è l'associazione con composti antiossidanti. Molte molecole con proprietà antiossidanti possono essere introdotte con la dieta e i metodi per riconoscerle e analizzarle sono svariati e molto diversi tra loro. Inoltre, interazioni sinergiche sono state osservate tra antiossidanti differenti, rendendo più utile provare a determinare un singolo parametro capace di descrivere un più completo "comportamento antiossidante" degli alimenti. Questo strumento analitico potrebbe essere la capacità antiossidante totale (TAC). La TAC considera l'azione cumulativa di tutti gli antiossidanti presenti nel campione, fornendo un parametro integrato invece della semplice somma dei singoli componenti. Con la TAC si determinano quindi la capacità di antiossidanti noti e non noti e le loro interazioni reciproche.Pertanto, l' utilizzo di questo metodo sembra particolarmente importante per studiare a fondo la relazione tra potere antioossidante della dieta, risposta antiinfiammmatoria ed insulinoresistenza. Infine, tutti gli effetti della dieta potrebbero essere modulati dal background genetico ed essere pertanto diversi a seconda del genotipo di ciascun individuo (gene-nutrient interaction) ed anche su questa problematica poco si sa. <<<
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