Prevenzione e Cura

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view post Posted on 17/1/2007, 18:38

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Prevenire è meglio che curare, a tale scopo ho elaborato un pannello di esami che comprende molti dei fattori di rischio che possono essere presenti anche molto tempo prima che si verifichi un disturbo o una malattia seria, tuttavia, essi sono utili, se non fondamentali, anche per capire, in condizioni di malattia già in atto, cosa non funziona a dovere, ciò consente di correggere i fattori di rischio in via preventiva e di intervenire sugli squilibri di fondo in termini di terapia.






Bilancio del rischio Funzionale


Glicemia a digiuno: 70-90 mg/dl normalità; (111 o superiore è sbilanciato; da 126 a maggiore indica Diabete).
Glicemia dopo carico: ½ ora < 200 mg/dl normalità (un controllo ottimale non supera 150 mg/dl); 1 ora < 200 mg/dl normalità (un valore superiore a 180 indica comunque possibilità di stadio iniziale di diabete); 2 ore < 140 mg/dl normalità (un controllo ottimale non supera comunque 110 mg/dl o meno); 3 ore < 120 mg/dl; 4 ore < 120 mg/dl.
Insulinemia a digiuno: < 10 mIU/dl (un valore superiore a 10 indica resistenza insulinica).
Insulinemia dopo carico: ½ ora 40-70 mIU/dl; 1 ora 50-90 mIU/dl (alcuni ricercatori ritengono che un livello superiore a 80 indichi resistenza insulinica, oppure un livello 5 volte superiore a quello a digiuno quando esso superi la normalità: se a digiuno risulta 11 la resistenza insulinica si evidenzia anche a 55); 2 ore 6- 50 mIU/dl (superiore a 60 indica resistenza insulinica).
Fruttosaminemia: 1.6-2.6 m mol/l normalità; 2.6-3.2 m mol/l controllo soddisfacente; 3.6-3.7 m mol/l controllo mediocre; 3.7-4.5 m mol/l controllo insoddisfacente.
HgbA1c (emoglobina glicosilata): < 6 % Indicativo per circa i 3 mesi precedenti. Un valore inferiore a < 6 indica un buon controllo del metabolismo glucidico.
Dhea-s: Maschi 80-560 ug/dl Femmine 35-430 ug/dl (Nel sangue: un tasso inferiore a 200 mcg/dl e 150 mcg/dl nella donna è un sintomo di una carenza di DHEA. Un valore inferiore a 120 mcg/dl nell'uomo con più di 50 anni aumenta di 2 o 3 volte il rischio dell'insorgenza di patologie cardiovascolari e della mortalità. Nelle urine 24 ore: un tasso inferiore a 0,10 ng nelle 24 ore nella donna e 0,50 ng nell'uomo sono sintomi di carenza di DHEA.
Cortisolemia: A.M. 4.3-22.6 microgram/dl P.M. 3.10-16.6 microgram/dl
IGF-1 (Somatomedina C): ragazzo 16-24 anni: 182-780 nanog/ml adulto 25-39 anni: 114-492 nanog/ml adulto > 40 anni: 71-360 nanog/ml.
LDL ossidate:
Apolipoproteina CIII totale:
Apolipoproteina CIII legata ai Trigliceridi: Limite correlato ai livelli apoC-III con VLDL (r = 0.78, P < 0.01), IDL (r = 0.67, P < 0.01), e LDL (r = 0.52, P < 0.05).
Cistatina C: 0,7-1,38 mg/l
ApoE (Apolipoproteina E): 2,3-6,3 mg/dl

Trigliceridi: < 200 mg/dl
Colesterolo totale: < 200 mg/dl; 200-249 mg/dl Ipercolesterolemia lieve; 250-299 mg/dl Ipercolesterolemia moderata; > 299 mg/dl Ipercolesterolemia grave.
Colesterolo LDL: < 160 mg/dl
ApoB (Apolipoproteina B): fino a 10 anni di età 25-65 mg/dl; fino a 14 anni di età 25-80 mg/dl; fino a 18 anni di età 25-80 mg/dl; adulti 40-115 mg/dl

Lp(a) (Lipoproteina A): < = 25 mg/dl
Omocisteinemia: < 16 ug/l
Proteina C reattiva ultrasensibile: < 3.4 mg/l
Fibrinogeno: 200-400 mg/100 ml

Colesterolo HDL: > 34 mg/dl
ApoA1 (Apolipoproteina A1): fino a 10 anni di età 80-140 mg/dl; fino a 14 anni di età 80-170 mg/dl; fino a 18 anni di età 80-170 mg/dl; adulti 90-170 mg/dl.
ApoAII (Apolipoproteina A2): 25-50 mg/dl

Rapporti da valutare
Colesterolo totale/LDL
ApoB/ApoA1
 
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view post Posted on 18/1/2007, 16:09

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Ansia e alcolismo, esiste una predisposizione neurobiologica?
A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
04/10/2005 12.16.00



La notizia. Identificato un meccanismo cerebrale che potrebbe giocare un ruolo centrale sia nella regolazione dell’ansia che nella predisposizione all’alcolismo. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Clinical Investigation. La scoperta dei ricercatori del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA) apre nuove strade alla neurobiologia dei comportamenti legati al consumo e alla dipendenza da alcol negli esseri umani. “Si tratta di una scoperta intrigante”, spiega il direttore del NIAAA Ting-Kai Li. “I nostri esperimenti ci aiutano a capire meglio il ruolo potenziale che l’ansia può avere nell’alcolismo. E a livello molecolare potremmo scoprire potenziali bersagli per terapie contro ansia e alcolismo”.

I meccanismi molecolari. Già in passato numerosi studi avevano suggerito che alti livelli di ansia potessero predisporre alcuni individui a diventare dipendenti dall’alcol. I ricercatori NIAAA guidati da Subhash C. Pandey, professore associato e direttore della Neuroscience Alcoholism Research al Department of Psychiatry dell’University of Illinois, hanno scoperto che un gruppo di ratti (denominati P) allevati con grandi consumi di alcol mostravano più frequentemente comportamenti ansiosi associati ad un ulteriore aumento di consumo di alcol rispetto ad un gruppo di ratti (denominati NP) che non consumavano affatto alcol. Anche i livelli di CREB, una proteina coinvolta in una varietà di funzioni cerebrali, sono risultati minori in certe aree cerebrali dei ratti P rispetto a quelli NP. Anche i livelli di neuropeptide Y (NPY), una molecola che regola la funzionalità di numerosi neurotrasmettitori e svolge un ruolo noto nei comportamenti ansiosi e nell’alcolismo, sono risultati significativamente inferiori nei ratti P. “CREB e NPY sono presenti in quantità molto minore nella zona centrale e mediana dell’amigdala”, spiega Pandey, “aree del cervello che giocano un ruolo cruciale nei comportamenti ansiosi e, come dimostrato in recenti studi, nell’incoraggiare e rinforzare la tendenza all’abuso di alcol, intervenendo pesantemente sugli aspetti motivazionali di questo comportamento. Inibendo l’azione della CREB nell’amigdala si scatenano proprio comportamenti di questo tipo”.

Le conclusioni. L’assunzione di alcol riduce i comportamenti ansiosi, un effetto associato con l’aumentata funzionalità della CREB e la maggior produzione di NPY nell’amigdala. Ciò che Pandey ed il suo team suggeriscono è che la diminuita produzione di NPY derivata dalla diminuita funzionalità della proteina CREB possa essere una condizione pre-esistente predisponente ad ansia e alcolismo. “Studi futuri avranno il compito di esplorare la relazione tra altri composti legati ai livelli di CREB”, conclude Pandey.

 
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view post Posted on 19/1/2007, 15:42

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Sempre più frequentemente si trovano, negli ultimi anni, persone con valori alterati di ferritina sierica in assenza di altre cause primarie di sovraccarico di ferro; in questi soggetti si riscontra spesso la presenza di alterazioni metaboliche quali sovrappeso o obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia, iperuricemia, intolleranza glucidica o diabete e steatosi epatica (fegato grasso) in varie combinazioni. In alcuni quadri si realizza un quadro denominato sindrome metabolica caratterizzato dalla presenza di almeno tre dei fattori sopraelencati.

Si ipotizza che il fattore chiave che accomuna i disordini metabolici sopradescritti e la probabile presenza di iperferritinemia sia l'aumentata resistenza delle cellule all'insulina (resistenza insulinica). Questo significa che le cellule sono meno sensibili all'azione dell'insulina, un ormone prodotto dal pancreas e che svolge una funzione fondamentale nel metabolismo degli zuccheri e dei grassi.

Il valore di ferritina alterato è in parte correlabile ad una sofferenza epatica legata ai dismetabolismi presenti, in parte correlabile alla possibile esistenza di un sovraccarico di ferro generalmente di entità lieve moderata. Spesso infatti si associa a questa condizione la steatosi epatica, cioè un fegato grasso, o la steatoepatite non alcolica (caratterizzata oltre che dall'accumulo di grasso anche da infiltrato infiammatorio, da aumento delle transaminasi e da accumulo di ferro). Il ferro può facilitare lo sviluppo di danni a carico delle cellule epatiche, il deposito di materiale fibroso riparativo e infine la cirrosi epatica che può manifestarsi nel 20% di questi pazienti.

Oltre alla predisposizione genetica, anche lo stile di vita (in particolare l'alimentazione) gioca un ruolo principale nello sviluppo di tali patologie complesse. E' importante sottolineare che la sindrome metabolica comporta un aumento del rischio di malattie cardiovascolari oltre che a carico del fegato.

Una delle terapie consigliabili è la terapia dietetica per migliorare la sensibilità dei tessuti all'insulina, tenere sotto controllo il proprio peso corporeo e favorire il miglioramento delle alterazioni metaboliche (colesterolo, trigliceridi). L'obiettivo è imparare a nutrirsi in maniera corretta, dimenticando le cattive abitudini. Una giusta alimentazione, il controllo del peso corporeo e del quadro metabolico sono alla base di una buona qualità di vita e si accompagnano, oltre che ad una riduzione del rischio cardiovascolare, ad una riduzione e ad un miglioramento degli indici epatici e della ferritina.

Inoltre molto importante è l'attività fisica regolare, perché determina cambiamenti fisici e psicologici essenziali per il controllo del peso: non è utile l'esercizio fisico eccessivo, può essere sufficiente una camminata a passo sostenuto per 30 minuti al giorno. Tramite l'esercizio fisico si consumano calorie, si riesce a controllare meglio il desiderio del cibo, si migliora lo stato di salute generale e quello psicologico, riducendo lo stress, potenziando l'autocontrollo e aumentando l'autostima.

 
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view post Posted on 20/1/2007, 16:07

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Influenza di fattori genetici e nutrizionali sulla sensibilità insulinica e sulla infiammazione subclinica in individui con diabete tipo 2 o con sindrome metabolica
Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Abstract
Lo studio sarà svolto su due coorti di pazienti, una rappresentata da soggetti con diabete tipo 2 e l'altra da individui non diabetici con diverso grado di insulinoresistenza e consisterà di una fase trasversale e di uno studio di intervento da effettuare in un sottocampione delle due coorti.
Per quanto riguarda la fase trasversale, in ambedue le coorti saranno valutate:1) La frequenza delle complicanze cardiovascolari. A tal fine verrà eseguito un esame ECG, letto secondo il Codice Minnesota ed interpretato secondo i criteri di Whitehall per l'ischemia e sarà misurato l'Indice di Winsor (rapporto pressione arteriosa sistolica Caviglia/braccio)
2) Marcatori plasmatici di infiammazione subclinica e disfunzione endoteliale: Proteina C Reattiva ultrasensibile (latex -enhanced nefelometria) PAI-1, Fibrinogeno (antigene), interleuchina 6, interleuchina 10, TNFa (ELISA), ADMA (asimmetric dimetil arginina, con HPLC)
3) Insulinosensibilità: dosaggio di insulina con anticorpo specifico e proinsulina, calcolo dell'indice HOMA-IR e del rapporto insulina/proinsulina
4) Insulinosecrezione: C-peptide a digiuno e calcolo dell'indice HOMA betacell
5) Dieta: in particolare l'indice glicemico ed il carico glicemico medio (glycemic load) della dieta, la quantità e la composizione dei grassi alimentari, il consumo di antiossidanti totali
6) Fattori genetici: saranno tipizzati i principali geni coinvolti nella modulazione dell'insulinosensibilità (TNFa, PPARg, glicoproteina PC-1, IRSs, glicogeno sintasi) ed alcuni geni che modulano la risposta all'infiammazione (TNFa, INL 6, PAI 1), in collaborazione con l'UO di Genetica Molecolare Napoli 2
Per quanto riguarda gli studi di intervento, essi saranno due ed effettuati, uno in pazienti diabetici, l'altro in pazienti non diabetici con diverso grado di insulinoresistenza. Nel primo si valuterà l’effetto di una diversa composizione in grassi della dieta (saturi vs monoinsaturi) sull'insulinoresistenza, i parametri dell'infiammazione e le variabili della Sindrome Metabolica. Nell'altro invece, si valuterà l'effetto di una dieta con elevata capacità antiossidante sugli stessi endpoint. Entrambi gli interventi dietetici saranno condotti secondo un disegno cross-over randomizzato. <<<


Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
Gabriele RICCARDI Università degli Studi di NAPOLI "Federico II"
Obiettivo del Programma di Ricerca
L'obiettivo generale del programma di ricerca è quello di valutare come fattori ambientali, in particolare la qualità della dieta, e fattori genetici possano interagire nella modulazione dell'espressione clinica della Sindrome Metabolica ed influenzare il rapporto tra infiammazione subclinica, insulinoresistenza ed espressione clinica della sindrome stessa in due differenti popolazioni, una rappresentata da pazienti con diabete mellito tipo 2 ed un' altra da individui non diabetici con diverso grado di insulinoresistenza.

Gli obiettivi specifici di questo programma di ricerca sono:
1. valutare la prevalenza della Sindrome Metabolica in una popolazione di soggetti diabetici tipo 2 dell' Italia Meridionale in relazione alla composizione della dieta abituale;
2. valutare l' associazione tra complicanze del diabete, micro e macrovascolari, e la presenza di Sindrome Metabolica nei pazienti con diabete mellito tipo 2;
3. valutare la relazione tra marcatori plasmatici dell' infiammazione subclinica e della disfunzione endoteliale ed insulinoresistenza, sia nella popolazione con diabete tipo 2 sia in quella senza diabete;
4. valutare l' influenza della dieta abituale, in particolare della sua composizione lipidica e della sua capacità antiossidante totale, sui marcatori plasmatici di infiammazione subclinica, sull' espressione genica dei marcatori di infiammazione e sull'insulinoresistenza. Tale valutazione sarà fatta sia nella popolazione diabetica che in quella non diabetica;
5. valutare se l'insulinoresistenza è in grado di influenzare l'espressione genica a livello leucocitario, in particolare dei geni associati all'infiammazione;
6. valutare, con uno studio di intervento in soggetti non diabetici con e senza insulinoresistenza, gli effetti di una dieta con elevata capacità antiossidante sui principali marker dello stato infiammatorio, sull'espressione dei principali geni coinvolti nell'infiammazione e sull'insulinoresistenza;
7. valutare, con uno studio di intervento in pazienti con diabete mellito tipo 2, gli effetti di due diete a diverso contenuto in acidi grassi (una ricca in acidi grassi monoinsaturi ed una ricca in acidi grassi saturi) sull'insulinoresistenza, su altri fattori di rischio cardiovascolare (pressione arteriosa, lipidi a digiuno e postprandiali) e sui parametri dell'infiammazione subclinica;
8. cercare di identificare le possibili interazioni gene-gene e gene-ambiente che potrebbero essere associate al diabete tipo 2, alla Sindrome Metabolica e all'infiammazione subclinica. In particolare, saranno tipizzati, sia nella popolazione diabetica che in quella non diabetica, i principali geni coinvolti nella modulazione dell'insulinosensibilità e della risposta all'infiammazione, per identificare, mediante un approccio multifattoriale, i profili genotipici che predispongono a queste patologie. <<<
Risultati parziali attesi
1.identificazione di individui con Sindrome Metabolica sia nell'ambito di una popolazione con diabete mellito tipo 2 sia nell'ambito di una popolazione non diabetica
2.identificazione nell'ambito delle due popolazioni della possibile relazione tra composizione lipidica e capacità antiossidante della dieta abituale, insulinoresistenza e infiammazione subclinica
3.identificazione, sempre nelle due popolazioni, del legame tra insulinoresistenza ed infiammazione subclinica
4.identificazione delle interazioni gene-gene e gene-ambiente che potrebbero essere associate al diabete tipo 2, alla Sindrome Metabolica e alla risposta infiammatoria
5.effetti di diversi interventi dietetici (aumento della capacità antiossidante totale, diverso tipo di acidi grassi) sull'insulinoresistenza e sull'infiammazione subclinica sia in pazienti con diabete che senza <<<
Durata
24 mesi
Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
La Sindrome Metabolica è una condizione che comprende un insieme di alterazioni metaboliche e fattori di rischio cardiovascolare (iperglicemia, dislipidemia, ipertensione, adiposità addominale) che si riscontrano in individui con insulino-resistenza (1,2). Giacché alcune componenti della Sindrome sono di per sé consolidati fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, è atteso che la loro aggregazione risulti in una condizione di rischio particolarmente elevato. In effetti, nella popolazione generale diversi studi hanno dimostrato che in presenza della Sindrome Metabolica l'incidenza di eventi cardiovascolari e la mortalità sono aumentati (3,4). Il rischio aumenta progressivamente con il numero dei componenti della Sindrome e si associa, in maniera indipendente dai fattori di rischio presenti, al grado di insulino-resistenza (5). Tuttavia non tutti gli studi sono concordi nel riconoscere all'insulino-resistenza e, in particolare, alla sua manifestazione clinica (Sindrome Metabolica), il ruolo di fattore di rischio cardiovascolare indipendente (6). Questo suggerisce l'esistenza di una certa eterogeneità tra gli individui con Sindrome Metabolica per cui l'elevata incidenza di eventi ischemici miocardici potrebbe essere la conseguenza non della Sindrome di per se (né della condizione di insulino-resistenza che ad essa è frequentemente sottesa), bensì di altre alterazioni che ad essa possono associarsi con diverso grado di probabilità.
Studi recenti hanno dimostrato che nella patogenesi delle malattie cardiovascolari, sono coinvolti, accanto ai classici fattori di rischio, fattori vasali (disfunzione endoteliale, squilibri dell'emostasi) ed infiammatori che sono spesso associati ad insulino-resistenza (7-10). Recente è la dimostrazione dell'associazione tra indicatori di flogosi e Sindrome Metabolica. Sia il TNFa che gli acidi grassi liberi stimolano una chinasi denominata IKK la quale è coinvolta nel controllo dell'attivazione di NF-kappa-B, molecola effettrice terminale degli stimoli infiammatori. Tra i fattori dell'infiammazione che più frequentemente si riscontrano aumentati in individui con Sindrome Metabolica ci sono la proteina C reattiva e l'interleuchina 6, mentre si osserva una ridotta concentrazione plasmatici di interleuchina 10 che ha funzioni spiccatamente anti infiammatorie (11, 12).
E' stato, pertanto, ipotizzato che l'associazione tra Sindrome Metabolica e aumentato rischio cardiovascolare sia, almeno in parte, mediata dalla presenza di tali fattori; mancano, però, studi in grado di dimostrare in maniera inoppugnabile tale ipotesi.

Questa problematica nuova e, quindi, solo parzialmente esplorata, risulta ancora meno definita nei pazienti diabetici. Infatti, va sottolineato che nei pazienti con diabete tipo 2 solo una percentuale variabile di soggetti presenta la Sindrome Metabolica, nonostante che l'insulino-resistenza sia virtualmente presente nella totalità dei pazienti. E' verosimile che l'interazione tra fattori genetici e ambientali (e tra questi la dieta) condizioni la manifestazione della Sindrome; manca, tuttavia, una chiara identificazione di tali fattori che consenta un corretto approccio preventivo (13, 14). Piuttosto carenti sono anche le informazioni inerenti la relazione tra Sindrome Metabolica e malattie cardiovascolari nei pazienti diabetici e, pertanto, anche in questi pazienti, si potrebbe ipotizzare un ruolo dei fattori infiammatori nel condizionare lo sviluppo e la progressione dell'arteriosclerosi in direzione di una sua manifestazione clinica cardiovascolare. Sembra ragionevole ipotizzare che tra i fattori che possano influenzare l'associazione tra infiammazione subclinica e Sindrome Metabolica nei pazienti con diabete tipo 2, non solo sia coinvolta l'insulinoresistenza, ma siano da chiamare in causa anche la dieta e i geni (e, tra questi, quelli che specificamente regolano l'espressione dei fattori dell'infiammazione quali, ad esempio, TNF alfa, interleuchine, PAI 1, fibrinogeno etc)
Purtroppo, pochi studi hanno valutato questa problematica; per quanto attiene all'effetto della dieta, è stato dimostrato che la riduzione ponderale è in grado non solo di migliorare il quadro clinico e metabolico della Sindrome Metabolica, ma anche di indurre una significativa riduzione dell'insulinoresistenza e di migliorare, nel suo complesso, lo stato di infiammazione subclinica (15, 16). Mancano, però, informazioni sui possibili effetti della composizione della dieta, indipendentemente dal suo contenuto calorico, sull'insulinosensibilità e sull'infiammazione subclinica nei pazienti diabetici. In questo contesto, un ruolo importante potrebbe essere svolto dai grassi della dieta non solo in termini di quantità ma anche di composizione (saturi vs insaturi) come sembrerebbero indicare gli studi su animali e quelli condotti in individui normoglicemici (14). Oltre il tipo di grassi della dieta, un'altra caratteristica della dieta in grado di modulare la risposta infiammatoria, l'insulinoresistenza e, quindi, il rischio di diabete e malattie cardiovascolari può essere rappresentata dalla sua capacità antiossidante.
Lo stress ossidativo è una condizione nella quale la quantità di specie reattive dell'ossigeno (ROS) supera i livelli di sostanze in grado di neutralizzarle (antiossidanti). E' stato osservato come questo tipo di stress sia coinvolto in numerose situazioni patologiche quali insulinoresistenza (15), diabete (16) e malattie cardiovascolari (17).
Numerosi studi condotti negli ultimi anni dimostrano come lo stress ossidativo possa innescare lo sviluppo dell'insulinoresistenza (18) e come l'insulinoresistenza sia il principale fattore favorente lo sviluppo del diabete di tipo 2, con aggravamento dell'iperglicemia e conseguente deterioramento della secrezione insulinica da parte delle β-cellule (19).
Basandosi su queste osservazioni, sia una dieta ricca in specifici antiossidanti che alti livelli di antiossidanti plasmatici sono stati correlati ad un ridotto rischio di insorgenza di diabete (20,21).
Uno dei possibili meccanismi attraverso i quali le molecole antiossidanti possono svolgere il loro ruolo protettivo nei confronti dello squilibrio del controllo glicemico e del diabete potrebbe coinvolgere i processi infiammatori.
Pertanto, una possibile contromisura per contrastare i fenomeni infiammatori e il conseguente rischio di ridotta tolleranza al glucosio potrebbe essere costituita dagli antiossidanti. La vitamina E si è dimostrata un efficace antinfiammatorio riducendo significativamente la PCR plasmatica e l'IL-6 in pazienti diabetici e controlli sani dopo una supplementazione di 3 mesi. (22). In un secondo studio, Upritchard e collaboratori (23) hanno osservato lo stesso effetto antinfiammatorio della vitamina E anche in periodi di supplementazione più brevi (4 settimane). I flavonoidi hanno mostrato un importante potenziale terapeutico per il trattamento di svariate patologie infiammatorie coinvolgenti aumento di leucociti circolanti (24). Nel lavoro di Ma e collaboratori (25), antiossidanti fenolici si sono dimostrati in grado di inibire l'induzione di citochine da parte di stimoli infiammatori agendo su NF-kB. Molti altri componenti dietetici sono stati messi in relazione con la PCR. L'associazione tra consumo di alcool (misurato mediante un diario alimentare della durata di 7 giorni) e le concentrazioni di PCR, di a1-globuline, a2-globuline, albumina, transferrina e conta leucocitaria è stata studiata in un campione di 2006 uomini e donne di età compresa tra 18 e 88 anni (26). Il risultato più significativo mostra come i non consumatori e i forti consumatori di alcool abbiano livelli di PCR più alti dei bevitori moderati, con un trend che segue la caratteristica associazione ad "U". In un altro studio, il consumo moderato di alcool è stato associato con concentrazioni di PCR più basse rispetto ad un consumo nullo o occasionale in uno studio cross-sectional effettuato su 1732 uomini e 1101 donne. Questo effetto è risultato indipendente dagli effetti dell'alcool sui lipidi (27). La fibra dietetica è stata significativamente correlata a bassi valori di PCR in 4900 adulti partecipanti al NHANES 99-00 (28).
In questi tre studi, effetti benefici sullo stato infiammatorio sono stati attribuiti ad alcool e fibra. Tuttavia, caratteristica comune di queste due componenti della dieta è l'associazione con composti antiossidanti.
Molte molecole con proprietà antiossidanti possono essere introdotte con la dieta e i metodi per riconoscerle e analizzarle sono svariati e molto diversi tra loro. Inoltre, interazioni sinergiche sono state osservate tra antiossidanti differenti, rendendo più utile provare a determinare un singolo parametro capace di descrivere un più completo "comportamento antiossidante" degli alimenti. Questo strumento analitico potrebbe essere la capacità antiossidante totale (TAC). La TAC considera l'azione cumulativa di tutti gli antiossidanti presenti nel campione, fornendo un parametro integrato invece della semplice somma dei singoli componenti. Con la TAC si determinano quindi la capacità di antiossidanti noti e non noti e le loro interazioni reciproche.Pertanto, l' utilizzo di questo metodo sembra particolarmente importante per studiare a fondo la relazione tra potere antioossidante della dieta, risposta antiinfiammmatoria ed insulinoresistenza.
Infine, tutti gli effetti della dieta potrebbero essere modulati dal background genetico ed essere pertanto diversi a seconda del genotipo di ciascun individuo (gene-nutrient interaction) ed anche su questa problematica poco si sa. <<<
 
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view post Posted on 3/3/2007, 22:56

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L’esame della pupilla ‘prevede’ le complicanze
Alcune semplici misurazioni possono dirci molto sul nostro stato di salute. E’ il caso per esempio del girovita, più predittivo secondo alcuni del peso o dell’indice di massa corporea per quanto riguarda il rischio cardiovascolare. E’ il caso anche del diametro pupillare, utile per valutare alterazioni precoci del sistema nervoso autonomo associate al diabete (neuropatia autonomica). Queste alterazioni danneggiano in modo sottile il nostro sistema neurovegetativo, quello che controlla la nostra vita ‘inconsapevole’, fatta di pressione sanguigna, motilità dell’apparto digerente, metabolismo e molto altro. Una pupilla più piccola è un campanello d’allarme importante. Uno studio condotto su circa 300 giovani con DM1 seguiti per 12 anni, infatti, ha mostrato come la riduzione del diametro pupillare sia associata ad un aumento significativo (più di 4 volte ) del rischio di sviluppare retinopatia e nefropatia.



I primi segni di ‘affaticamento’ del cuore
L’anticipazione diagnostica è uno dei cavalli di battaglia della medicina contemporanea, soprattutto per le malattie croniche come il diabete e le malattie cardiovascolari. Modificare il corso naturale degli eventi prima che si producano lesioni non reversibili, questa l’idea alla base della diagnosi precoce. Un nuovo tipo di ecografia cardiaca, l’ecocardiografia tissutale con analisi backscatter, è in grado di svelare alterazioni della contrattilità cardiaca prima della comparsa di sintomi (dolore, affanno, stanchezza, etc.). In uno studio recente condotto da ricercatori dell’Università di Pisa è stato possibile dimostrare con questa tecnica alterazioni della funzionalità cardiaca in persone con DM1 che non avevano complicanze diabetiche e che non presentavano alcun sintomo di tipo cardiovascolare.

Fonte: Di Cori A et al. Am J Cardiol. 2007 Jan 1;99(1):84-90.



Obesità ed infertilità
L’obesità impone un dazio pesante alla nostra salute: diabete, malattie cardiovascolari, invecchiamento precoce delle articolazioni, per citare alcune patologie. Ma non è tutto. L’eccesso ponderale ha effetti negativi anche sulla capacità riproduttiva, riduce la fertilità. E questo non solo nelle donne, attraverso alterazioni ormonali come nel caso dell’ovaio policistico con insulino-resistenza, ma anche negli uomini. E’ quanto emerge da uno studio epidemiologico condotto negli Stati Uniti sulle famiglie di agricoltori. L’analisi è stata ristretta a circa 1.500 coppie (le donne al di sotto dei 40 anni di età) che negli ultimi 4 anni avevano tentato di iniziare una gravidanza. L’indice di massa corporea (IMC o BMI) è risultato un fattore di rischio per infertilità negli uomini, a prescindere dal fattore età.

Fonte: Sallmen M et al. Epidemiology. 2006 Sep;17(5):520-3.


Un altro passo avanti nella comprensione dell’insulino-resistenza
Nel diabete tipo-2 (DM2) non è il pancreas che funziona male, ma il fegato, i muscoli e il grasso. In particolare l’insulino-resistenza, vera e propria anticamera del DM2, inizierebbe nei mitocondri. Questi organelli sono le centrali energetiche della cellula che bruciano zucchero (glucosio) per ricavarne energia. Nelle persone diabetiche i mitocondri funzionano male e tutto l’organismo produce energia in modo meno efficiente. Per studiare l’attività dei mitocondri sono disponibili oggi delle tecniche basate su un particolare tipo di risonanza magnetica (MRS). Esaminando il funzionamento dei mitocondri dei figli di persone diabetiche che dimostrano di avere insulino-resistenza, persone senza alcun sintomo e anche senza un eccesso di peso, si osserva una minore efficienza energetica, un accumulo di grasso nelle cellule muscolari ed una ridotta risposta metabolica all’insulina.

Fonte: Petersen KF et al. PLoS Med. 2005 Sep;2(9):e233
 
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odisseo
view post Posted on 17/4/2007, 06:43




notizia di ieri
http://www.repubblica.it/2005/l/sezioni/sc.../vitaminad.html

quindi gente, NIENTE MEGADOSI QUì, con le vitamine liposolubili la cosa è veramente rischiosa

Mangiate sano, fate vita all'aria aperta e che Dio vi benedica

Odisseo
p.s. a proposito, una chicca, guardate cosa scrivono della vit. D
http://66.102.9.104/search?q=cache:2t7--SU...l=it&lr=lang_it

Edited by odisseo - 10/11/2008, 20:40
 
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view post Posted on 17/4/2007, 08:25

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Da tempo si afferma che la Vitamina D è un precursore ormonale e non una vitamina, importantissima per un buon funzionamento del sistema immunitario, la sua carenza è coinvolta anche sclerosi multipla, quindi nei danni della mielina.

Ma sei andato a pescare dal centro della Clark? :lol:
 
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view post Posted on 18/4/2007, 21:25

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Profilo per Ansia e Attacchi di Panico (in via di perfezionamento).



Glicemia frazionata.
Insulinemia frazionata.
Colesterolemia totale e frazionata, con LDL e HDL.
Trigliceridemia.
Omocisteinemia.
Lp(a).
Dhea-s.
Cortisolemia.
Ferritinemia.
Proteina C reattiva.
FT3, FT4, TSH.
Anticorpi antigliadina.
Anticorpi antiendomisio.
Anticorpi antitireoglobulina.
Anticorpi antitireoperossidasi.
Anticorpi Epstein Barr virus
Anticorpi Cytomegalovirus.

Andrebbe aftta anche la ricerca Bordetella pertussis così come la indica Domenico Fiore, presso l'Ospedale di Pesaro. Diciamo che è bene comunque farla se sono presenti problemi al naso come rinite o sinusite, all'orecchio come acufene od otite, all'orofaringe come laringite, faringite, ai polmoni come tosse frequente, bronchiti, ecc... .

Anche se vi è da dire che nei problemi "nervosi" sembra spesso essere coinvolto il virus dell'Herpes Zoster, in concomitante presenza di micotossine e anche di metalli pesanti.

Avrei anche aggiunto tipologie come Test ENA, ANA, AMA, ma mi sembra un pò esagerato, si potranno fare successivamente, diventa complicato fare tutta questa roba.

Si può aggiungere la ricerca per le varie Epatiti.
 
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Fantasy84
view post Posted on 18/4/2007, 23:35




CITAZIONE (oro @ 17/4/2007, 09:25)
Da tempo si afferma che la Vitamina D è un precursore ormonale e non una vitamina, importantissima per un buon funzionamento del sistema immunitario, la sua carenza è coinvolta anche sclerosi multipla, quindi nei danni della mielina.

Vorrei aggiungere da lettore che la "vitamina D" viene attivata nello specifico dai raggi ultravioletti.
Tale attivazione è il prerequisito per il corretto assorbimento del calcio e altri minerali.
Essi portano altri benefici:
Riducono la pressione del sangue e migliorano l'efficienza del muscolo cardiaco. E' stato dimostrato che l'esposizione alla luce ultravioletta riduce la pressione sanguigna fin dal primo trattamento, e che tali effetti permangono per altri 5-6 giorni. Nel 90% dei testati l'efficienza cardiaca è aumentata del 39%.
Stimolano il metabolismo e contribuiscono alla riduzione del peso attraverso la stimolazione della tiroide e del sistema endocrino.
Riducono il rischio di degenerazione della retina e riduzione della vista.
Sono efficaci nel trattamento della psoriasi, dell'asma, problemi respiratori ecc.
Migliorano i livelli degli ormoni sessuali, aumentano i livelli di testosterone e gli estrogeni sono più efficienti quando le donne sono esposte a UV-B.

Alcune precisazioni, si parla di raggi forniti naturalmente dal sole infatti bisognerebbe trascorrere almeno un'ora al giorno all'aperto, sia che faccia brutto o che ci sia il sole, senza indossare occhiali da vista o da sole , e senza usare filtri solari. Evitando naturalmente d'estate le ore in cui la potenza del sole può essere troppo forte.
Il sole è come se fosse una medicina o un cibo, per questo bisogna sapere come e quando assumerla e in che quantità.
Infatti esporsi nel mese di dicembre al sole caraibico dopo aver passato mesi in un ufficio con luci al neon senza aver permesso all'organismo di prepararsi a gestire tali energie , può essere nocivo. ( Invidio comunque chi ci può andare ai Caraibi a Dicembre!!! :P )

CITAZIONE (oro @ 18/4/2007, 22:25)
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Glicemia frazionata.
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Colesterolemia totale e frazionata, con LDL e HDL.
Trigliceridemia.
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Lp(a).
Dhea-s.
Cortisolemia.
Ferritinemia.
Proteina C reattiva.
FT3, FT4, TSH.
Anticorpi antigliadina.
Anticorpi antiendomisio.
Anticorpi antitireoglobulina.
Anticorpi antitireoperossidasi.
Anticorpi Epstein Barr virus
Anticorpi Cytomegalovirus.

Andrebbe aftta anche la ricerca Bordetella pertussis così come la indica Domenico Fiore, presso l'Ospedale di Pesaro. Diciamo che è bene comunque farla se sono presenti problemi al naso come rinite o sinusite, all'orecchio come acufene od otite, all'orofaringe come laringite, faringite, ai polmoni come tosse frequente, bronchiti, ecc... .

Anche se vi è da dire che nei problemi "nervosi" sembra spesso essere coinvolto il virus dell'Herpes Zoster, in concomitante presenza di micotossine e anche di metalli pesanti.

Avrei anche aggiunto tipologie come Test ENA, ANA, AMA, ma mi sembra un pò esagerato, si potranno fare successivamente, diventa complicato fare tutta questa roba.

Si può aggiungere la ricerca per le varie Epatiti.

Oro ma tutti questi esami il medico curante quello della asl, li può prescrivere senza batter ciglio??? <_<
Per quanto interessantissimo e sicuramente utile però credo che abbiano anche un certo costo... ^_^

 
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view post Posted on 18/4/2007, 23:59

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Eh, io capisco cari ragazzi, ma come si fà? Se non si procede in proprio occorre sempre attendere le novità dalla ricerca ufficiale e il guaio è che anche quando una cosa è assodata, nel campo della ricerca, prima che arrivi alla pratica clinica quotidiana, spesso proprio a causa dei costi che comporterebbe per lo Stato, passano vent'anni e forse non si attiva neppure.

Wè Fantasy. Sei ancora vivo, è buon segno :D

No, direi proprio che il medico "della mutua" non prescriverà tutti questi esami a cuor leggero.

Vi è da dire che forse, dico forse, anche per questo chi usa quegli strumenti ritenuti, a torto o a ragione, poco "scientifici" (tipo Oberon), può avere successo e trovare un bacino d'utenza ampio.

Perchè il problema è questo, se io ti dico, ho l'F-Scan, nulla di miracoloso nè di strettamente scientifico, ma dicono che con esso si possano rilevare metalli nocivi, parassiti, micotossine, batteri e virus, il costo dell'esame è di 80 o 100 euro, certamente ti vien voglia di provare questo piuttosto che recarti presso un laboratorio privato dove spenderesti molto di più e dove devi lasciarci anche il sangue a seguito dell'infilzamento di siringa.

:lol:

E io sono, personalmente, un pò arrabbiatino per questo fatto. Gli esami dovrebbero essere fatti tutti, gratuitamente, senza resistenze da parte dei medici anzi con la gioia nel cuore.

Senza certi esami, certe analisi, spesso non routinari, diventa a volte difficile o comunque meno agevole procedere ad una corretta terapia, in campo di medicina biologica o naturale.

Avessi soldi li pagherei io stesso al paziente. Il guaio è che ho invece bisogno che qualcuno li paghi a me :lol:
 
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Fantasy84
view post Posted on 19/4/2007, 00:01




Si sono ancora vivo eh eh eh!!! Domani ti faccio sapere come prosegue :D
Sono stato un pò assente in effetti... ;)

Si certo concordo con te... quindi mi sembra di capire anche che molti di questi esami non li passa la Asl o no ???
 
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view post Posted on 19/4/2007, 00:08

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I rimedi naturali non sono come quelli farmacologici, sono più blandi, necessitano di più tempo, certamente nel caso cronico sono spesso più indicati, ma prevedono purtroppo costi elevati, quindi difficoltà anche di tipo economico tendono a far desistere e, dato che sono più "leggeri", devono essere assolutamente mirati, specificamente mirati, solo così si ottengono risultati validi. Per poterli mirare specificamente non basta la scheda tecnica del prodotto, occorre sapere con cosa si ha a che fare.

La ASL, se te li prescrive il medico, li fà, non tutte le ASL sono forse attrezzate in proprio, non saprei dirtelo ora, alcuni sono molto particolari.

Ma può comuqnue essere che alcuni o tanti li si paghi per intero.

Quindi, per mirarli, mi servo dei test kinesiologici, dei test di compatibilità, si usano cioè tecniche, metodi, sistemi, che comunque danno una mano, aiutano, hanno alle loro spalle una certa casistica, ufficiale o meno che sia, che ne indica l'opportunità e un discreto grado di attendibilità.

Ora, il problema di fondo è sempre da pensare consista in una errata alimentazione e in una squilibrata nutrizione organica.

Detto ciò, molti sono i fattori che intervengono, e diviene difficile far capire alla persona che deve rinunciare a questo e a quello perchè, in quelle determinate condizioni, gli è nocivo.

Ecco perchè ha la vita molto più facile chi prescrive anfetamine (ora per fortuna vietate), anoressizzanti, stimolanti neruoendocrini, in pratica droghe, di chi prescrive diete sensate e valide ma rigide.
 
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Fantasy84
view post Posted on 19/4/2007, 00:09




Se per il prossimo incontro pensi che qualche esame dell'elenco possa esserti utile posso anche vedere di interessarmi...

Si credo che mai come nel caso dei rimedi naturali si debba parlare di "rimedi mirati"! ;)
 
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view post Posted on 19/4/2007, 00:13

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Non è facile, far capire alla gente, non è facile, per niente facile, far fare loro quello che considerano un grande sacrificio.


Mi spiego?

Perchè anche quando gli ho detto che c'è un problema di disinsulinismo e la persona mi ha creduto, vagli a far capire cosa comporta in termini dietetici e nutrizionali!

Una guerra all'ultimo sangue! :lol:

In realtà, preferisco fare il contadino. E' più gratificante e meno stressante. Anche perchè a me di soldi, fama, successo, notorietà e quant'altro di legato alla mondanità interessa ben poco.
 
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Fantasy84
view post Posted on 19/4/2007, 00:15




Magari facendo il contadino il disinsulismo potrebbe sparire!!! :lol:
 
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78 replies since 17/1/2007, 18:32   5876 views
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