| Disfunzioni Sessuali
Una Disfunzione Sessuale è caratterizzata da un’anomalia del processo che sottende il ciclo di risposta sessuale, o da dolore associato al rapporto sessuale. Il ciclo di risposta sessuale può essere diviso nelle seguenti fasi:
1.Desiderio. Questa fase consiste in fantasie sull’attività sessuale e nel desiderio di praticare attività sessuale.
2.Eccitazione. Questa fase consiste in una sensazione soggettiva di piacere sessuale e nelle concomitanti modificazioni fisiologiche. Le principali modificazioni nel maschio sono la tumescenza del pene e l’erezione. Le principali modificazioni nella donna sono la vasocongestione pelvica, la lubrificazione e la dilatazione della vagina, e la tumescenza dei genitali esterni.
3.Orgasmo. Questa fase consiste in un picco di piacere sessuale, con allentamento della tensione sessuale e contrazioni ritmiche dei muscoli perineali e degli organi riproduttivi. Nel maschio vi è la sensazione di inevitabilità dell’eiaculazione, seguita dall’emissione di sperma. Nella femmina vi sono contrazioni (non sempre percepite soggettivamente come tali) della parete del terzo esterno della vagina. Sia nel maschio che nella femmina, lo sfintere anale si contrae ritmicamente.
4.Risoluzione. Questa fase consiste in una sensazione di rilassamento muscolare e di benessere generale. Durante questa fase, i maschi sono fisiologicamente refrattari ad ulteriori erezioni ed orgasmi per un periodo variabile di tempo. Al contrario, le femmine possono essere in grado di rispondere a nuove stimolazioni quasi immediatamente.
I disturbi della risposta sessuale possono verificarsi in una o più di queste fasi. Quando è presente più di una Disfunzione Sessuale, tutte devono essere registrate. Nei criteri diagnostici non si cerca di specificare una frequenza minima o una gamma di situazioni, attività o tipi di rapporti sessuali in cui la disfunzione deve verificarsi. Questa valutazione deve essere fatta dal clinico, tenendo conto di fattori come l’età e l’esperienza del soggetto, la frequenza e la cronicità del sintomo, il disagio soggettivo, e l’effetto su altre aree del funzionamento. I termini persistente o ricorrente nei criteri diagnostici indicano la necessità di un giudizio clinico di questo tipo. Se la stimolazione sessuale è inadeguata per localizzazione, intensità, o durata, la diagnosi di Disfunzione Sessuale riguardante l’eccitazione o l’orgasmo non viene fatta.
Sottotipi
I sottotipi sono forniti per indicare l’esordio, il contesto, e i fattori etiologici associati alle Disfunzioni Sessuali. Se sono presenti Disfunzioni Sessuali multiple, i sottotipi propri di ciascuna possono essere registrati. Questi sottotipi non riguardano la diagnosi di Disfunzione Sessuale Dovuta ad una Condizione Medica Generale o di Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze.
Per indicare la natura dell’esordio della Disfunzione Sessuale si può usare uno dei seguenti sottotipi:
Tipo Permanente. Se la disfunzione sessuale è presente fin dall’inizio dell’attività sessuale.
Tipo Acquisito. Se la disfunzione sessuale si sviluppa solo dopo un periodo di funzionamento normale.
Per indicare il contesto in cui la Disfunzione Sessuale si verifica si può usare uno dei seguenti sottotipi:
Tipo Generalizzato. Se la disfunzione sessuale non è limitata a certi tipi di stimolazione, di situazioni, o di partners.
Tipo Situazionale. Questo sottotipo si applica se la disfunzione sessuale è limitata ad alcuni tipi di stimolazione, di situazioni o di partners. La modalità specifica situazionale della disfunzione può aiutare nella diagnosi differenziale. Per esempio, la normale funzione masturbatoria in presenza di compromissione del funzionamento relazionale del partner suggerirebbe che una lamentela principale di disfunzione erettile è più probabilmente dovuta ad un problema interpersonale o intrapsichico piuttosto che ad una condizione medica generale o ad una sostanza.
Per indicare i fattori etiologici associati con la Disfunzione Sessuale si può usare uno dei seguenti sottotipi:
Dovuta a Fattori Psicologici. Quando si ritiene che fattori psicologici abbiano un ruolo preminente nell’insorgenza, nella gravità, nell’esacerbazione, o nel mantenimento di una Disfunzione Sessuale, e le condizioni mediche generali o delle sostanze non hanno alcun ruolo nell’etiologia della Disfunzione Sessuale.
Dovuta a Fattori Combinati. Quando 1) si ritiene che fattori psicologici abbiano un ruolo nell’insorgenza, nella gravità, nell’aggravamento, o nel mantenimento della Disfunzione Sessuale; e 2) si ritiene che anche una condizione medica generale o l’uso di sostanze contribuiscano ma non siano sufficienti a giustificare la Disfunzione Sessuale. Se una condizione medica generale o l’uso di sostanze (inclusi gli effetti collaterali dei farmaci) sono sufficienti a giustificare la Disfunzione Sessuale, si fa diagnosi di Disfunzione Sessuale Dovuta ad una Condizione Medica Generale e/o di Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze.
Disturbi Associati
La disfunzione sessuale può essere associata a Disturbi dell’Umore e a Disturbi d’Ansia (Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo di Panico con Agorafobia e Fobia Specifica).
Caratteristiche collegate a cultura, età e genere
La valutazione clinica sulla presenza di una Disfunzione Sessuale dovrebbe tenere conto delle caratteristiche etniche, culturali, religiose, e sociali che possono influenzare il desiderio e le aspettative sessuali, e l’atteggiamento nei confronti della prestazione. Per esempio, in alcune società si dà meno importanza ai desideri sessuali da parte della donna (specie quando la fecondità è la preoccupazione primaria). L’invecchiamento può essere associato con una diminuzione dell’interesse e del funzionamento sessuale (specie nei maschi), ma esistono ampie differenze individuali per quanto riguarda gli effetti dell’età.
Prevalenza
Esistono pochissimi dati epidemiologici sistematici sulla prevalenza delle varie disfunzioni sessuali, e questi mostrano un’amplissima variabilità, che probabilmente riflette differenze nei metodi di valutazione, nelle definizioni usate, e nelle caratteristiche dei campioni di popolazione. Lo studio più ampio fino ad oggi disponibile, condotto su un campione rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti fra i 18 ed i 59 anni, suggerisce le seguenti stime di prevalenza per varie lamentele sessuali: 3% di dispareunia nei maschi, 15% di dispareunia nelle femmine, 10% di problemi di orgasmo nei maschi, 25% di problemi di orgasmo nelle femmine, 33% di desiderio sessuale ipoattivo nelle femmine, 27% di eiaculazione precoce, 20% di problemi di eccitazione nelle femmine e 10% di difficoltà di erezione nei maschi. I problemi di erezione aumentano anche dopo i 50 anni. Non è chiaro se queste lamentele sessuali possano soddisfare i criteri per un Disturbo Sessuale secondo i criteri del DSM-IV. Non sono disponibili le stime di percentuali di prevalenza per avversione sessuale, vaginismo, disfunzioni sessuali dovute a condizione medica generale e disfunzioni sessuali indotte da sostanza.
Diagnosi differenziale
Se si ritiene che la Disfunzione Sessuale sia causata esclusivamente dagli effetti fisiologici di una determinata condizione medica generale, la diagnosi è Disfunzione Sessuale Dovuta ad una Condizione Medica Generale. Questa valutazione si basa sull’anamnesi, sui dati di laboratorio, o sull’esame obiettivo. Se si ritiene che la Disfunzione Sessuale sia causata esclusivamente dagli effetti fisiologici di una sostanza di abuso, di un farmaco, o dell’esposizione ad una sostanza tossica, la diagnosi è Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze. Il clinico dovrebbe raccogliere accurate informazioni sulla natura e sull’entità dell’uso di sostanze, farmaci inclusi. I sintomi che compaiono durante un’Intossicazione da Sostanze o l’uso di farmaci o poco tempo dopo (entro quattro settimane) possono essere particolarmente indicativi di una Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze, e dipendono dal tipo o dalla quantità della sostanza usata o dalla durata dell’uso.
Se il clinico ha accertato che la disfunzione sessuale è dovuta sia ad una condizione medica generale che all’uso di sostanze, si possono fare entrambe le diagnosi (Disfunzione Sessuale Dovuta ad una Condizione Medica Generale e Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze). La diagnosi di Disfunzione Sessuale primitiva col sottotipo Dovuta a Fattori Combinati viene fatta se si ritiene che una combinazione di fattori psicologici e di una condizione medica generale o di una sostanza abbiano un ruolo etiologico, ma nessuna causa sia sufficiente da sola a spiegare la disfunzione. Se il clinico non è in grado di determinare il ruolo etiologico dei fattori psicologici, della condizione medica generale, o dell’uso di sostanze, si fa diagnosi di Disfunzione Sessuale Non Altrimenti Specificata.
La diagnosi di Disfunzione Sessuale non si pone neppure se la disfunzione è meglio attribuibile ad un altro disturbo in Asse I (per es., se un diminuito desiderio sessuale compare solo nel contesto di un Episodio Depressivo Maggiore). Comunque, se l’anomalia del funzionamento sessuale è precedente al disturbo in Asse I, oppure richiede di per sé attenzione clinica, si può anche fare un’ulteriore diagnosi di Disfunzione Sessuale. Di solito, se è presente una Disfunzione Sessuale (per es., un Disturbo dell’Eccitazione Sessuale), saranno presenti anche altre Disfunzioni Sessuali (per es., un Disturbo da Desiderio Sessuale Ipoattivo). In questi casi, tutte le Disfunzioni dovrebbero essere diagnosticate. Un Disturbo di Personalità può coesistere con una Disfunzione Sessuale. In questi casi la Disfunzione Sessuale dovrebbe essere registrata in Asse I e il Disturbo di Personalità dovrebbe essere registrato in Asse II. Se un’altra condizione clinica, come un Problema Relazionale, è associata all’anomalia del funzionamento sessuale, si dovrebbe fare diagnosi di Disfunzione Sessuale, e registrare in Asse I anche l’altra condizione clinica. Problemi occasionali riguardanti desiderio sessuale, eccitazione, o orgasmo, non persistenti o ricorrenti oppure non accompagnati da notevole disagio o da difficoltà interpersonali, non vengono considerati Disfunzioni Sessuali.
Disturbi da Deficit di Attenzione e da Comportamento Dirompente
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività
Caratteristiche diagnostiche
La caratteristica fondamentale del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è una persistente modalità di disattenzione e/o di iperattività-impulsività che è più frequente e più grave di quanto si osserva tipicamente in soggetti ad un livello di sviluppo paragonabile (Criterio A). Alcuni sintomi di iperattivà-impulsività o di disattenzione che causano menomazione devono essere stati presenti prima dei 7 anni di età, sebbene molti soggetti siano diagnosticati dopo che i sintomi sono presenti da diversi anni in particolare nel caso di individui affetti dal Tipo con Disattenzione Predominante (Criterio B). Una certa compromissione a causa dei sintomi deve essere presente in almeno 2 contesti (a casa e a scuola o al lavoro) (Criterio C). Deve chiaramente risultare un’interferenza col funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo adeguato rispetto al livello di sviluppo (Criterio D). L’anomalia non si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico e non è meglio attribuibile ad un altro disturbo mentale (per es., un Disturbo dell’Umore, un Disturbo d’Ansia, un Disturbo Dissociativo o un Disturbo di Personalità) (Criterio E).
La disattenzione può manifestarsi in situazioni scolastiche, lavorative, o sociali. I soggetti con questo disturbo possono non riuscire a prestare attenzione ai particolari o possono fare errori di distrazione nel lavoro scolastico o in altri compiti (Criterio A1a). Il lavoro è spesso disordinato e svolto senza cura e senza ponderazione. I soggetti spesso hanno difficoltà a mantenere l’attenzione nei compiti o nelle attività di gioco, e trovano difficile portare a termine i compiti (Criterio A1b). Spesso sembra che la loro mente sia altrove o che essi non ascoltino o non abbiano sentito quanto si è appena detto loro (Criterio A1c). Possono esservi frequenti passaggi da un’attività ad un’altra senza completarne nessuna. I soggetti a cui è stato diagnosticato questo disturbo possono cominciare a fare qualcosa, passare ad altro, poi dedicarsi a qualcos’altro ancora, prima di portare a termine qualsiasi cosa. Essi spesso non soddisfano le richieste o non riescono a seguire le istruzioni e non portano a termine compiti, incombenze o altri doveri (Criterio A1d). L’incapacità di portare a termine i compiti dovrebbe essere presa in considerazione nel fare questa diagnosi solo se è dovuta a disattenzione piuttosto che ad altre possibili ragioni (per es., incapacità di comprendere le istruzioni, atteggiamento di sfida). Questi soggetti hanno spesso difficoltà nell’organizzarsi per svolgere compiti e attività (Criterio A1e). I compiti che richiedono sforzo mentale protratto vengono avvertiti come spiacevoli e notevolmente avversati. Di conseguenza, questi soggetti tipicamente evitano o hanno forte avversione per attività che richiedono protratta applicazione e sforzo mentale o che richiedono capacità organizzative o particolare concentrazione (per es., compiti a casa o lavoro a tavolino) (Criterio A1f). Questo evitamento deve essere dovuto alle difficoltà del soggetto connesse all’attenzione e non dovuto ad un’attitudine oppositiva primaria, anche se può esservi un’oppositività secondaria. Il modo di lavorare è spesso disorganizzato e il materiale necessario per svolgere il compito viene spesso disperso, oppure maneggiato senza cura e danneggiato (Criterio A1g). I soggetti con questo disturbo sono facilmente distratti da stimoli irrilevanti e frequentemente interrompono compiti in corso di svolgimento per prestare attenzione a rumori senza importanza o ad eventi che di solito sono con tutta probabilità ignorati da altri (per es., il clacson di un’auto, una conversazione di sottofondo) (Criterio A1h). Sono spesso sbadati nelle attività quotidiane (per es., mancano ad appuntamenti, dimenticano di portarsi il pranzo) (Criterio A1i). Nelle situazioni sociali, la disattenzione può essere espressa dal fatto che cambiano spesso d’argomento nella conversazione, non ascoltano gli altri, non prestano attenzione alle conversazioni e non seguono le indicazioni o le regole di giochi o attività.
L’iperattività può essere manifestata agitandosi e dimenandosi sulla propria sedia (Criterio A2a), non restando seduti quando si dovrebbe (Criterio A2b), correndo senza freni o arrampicandosi in situazioni in cui ciò è fuori luogo (Criterio A2c) o può esprimersi con difficoltà a giocare o a dedicarsi tranquillamente ad attività da tempo libero (Criterio A2d) o con il sembrare spesso “sotto pressione” o “motorizzati” (Criterio A2e), oppure col parlare troppo (Criterio A2f). L’iperattività può variare con l’età del soggetto e col livello di sviluppo, e la diagnosi dovrebbe essere fatta con cautela nei bambini piccoli. I bambini che muovono i primi passi e i bambini in età prescolare con questo disturbo differiscono dai bambini con una attività normale per il fatto che sono sempre in movimento e sempre tra i piedi; essi saltellano avanti e indietro, escono “con le brache ancora in mano”, saltano o si arrampicano sui mobili, corrono per la casa, e hanno difficoltà a partecipare ad attività di gruppo sedentarie all’asilo (per es., stare ad ascoltare una favola). I bambini in età scolare mostrano comportamenti simili, ma di solito con meno frequenza o intensità rispetto ai bambini che muovono i primi passi e ai bambini in età prescolare. Essi hanno difficoltà a rimanere seduti, si alzano frequentemente, e si dimenano sulla propria sedia, oppure si aggrappano al suo bordo. Giocherellano nervosamente con oggetti, picchiettano con le mani, e agitano troppo piedi e gambe. Spesso si alzano da tavola durante i pasti, mentre guardano la televisione, o mentre fanno i compiti; parlano di continuo, e fanno troppo rumore durante attività che dovrebbero comportare la calma. Negli adolescenti e negli adulti, i sintomi di iperattività assumono la forma di sensazioni di irrequietezza e di difficoltà a dedicarsi ad attività tranquille e sedentarie.
L’impulsività si manifesta con l’impazienza, la difficoltà a tenere a freno le proprie reazioni, “sparando” le risposte prima che le domande siano state completate (Criterio A2g), con difficoltà ad attendere il proprio turno (Criterio A2h), e con l’interrompere spesso gli altri o l’intromettersi nei fatti altrui fino al punto di causare difficoltà nell’ambiente sociale, scolastico, o lavorativo (Criterio A2i). Gli altri possono lamentarsi di non riuscire a dire una parola in una conversazione. I soggetti affetti da questo disturbo tipicamente fanno commenti quando non è il momento, non ascoltano le direttive, iniziano conversazioni quando non è il momento, interrompono eccessivamente gli altri, sono invadenti nei confronti degli altri, arraffano oggetti altrui, toccano cose che non dovrebbero toccare, e fanno i pagliacci. L’impulsività può portare ad incidenti (per es., far cadere oggetti, sbattere contro gli altri, agguantare un tegame rovente) e al coinvolgimento in attività potenzialmente pericolose senza considerare le possibili conseguenze (per es., arrampicarsi ripetutamente fino a posizioni precarie o usare lo skateboard su un terreno estremamente accidentato).
Le manifestazioni attentive e comportamentali compaiono di solito in diversi contesti, che comprendono casa, scuola, lavoro, e situazioni sociali. Per fare diagnosi, deve essere presente una certa compromissione in almeno due contesti (Criterio C). È molto raro che un soggetto mostri lo stesso livello di malfunzionamento in tutti i contesti o tutte le volte nello stesso contesto. I sintomi tipicamente peggiorano in situazioni che richiedono attenzione o sforzo mentale protratti o che mancano di attrattiva o di novità (per es., ascoltare gli insegnanti in classe, fare i compiti in classe, ascoltare o leggere brani lunghi, o lavorare a compiti monotoni e ripetitivi). I segni del disturbo possono essere minimi o assenti quando il soggetto riceve frequenti premi per il comportamento appropriato, quando è sotto controllo molto stretto, in un ambiente nuovo, quando è impegnato in attività particolarmente interessanti, in una situazione a due (per es., lo studio del medico). È più probabile che i sintomi si manifestino in situazioni di gruppo (per es., giochi di gruppo, classi, o ambienti di lavoro). Il clinico dovrebbe quindi raccogliere informazioni da diverse fonti (per es., genitori, insegnanti) e indagare sul comportamento del soggetto in diverse situazioni in ciascun contesto (per es., mentre fa i compiti, mentre mangia).
Sottotipi
Sebbene molti dei soggetti abbiano sintomi sia di disattenzione che di iperattività-impulsività, vi sono alcuni soggetti in cui predomina o l’una o l’altra caratteristica. Il sottotipo appropriato (per una diagnosi attuale) dovrebbe essere indicato sulla base della caratteristica sintomatologica predominante negli ultimi 6 mesi.
F90.0 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo Combinato [314.01] Questo sottotipo dovrebbe essere usato se 6 (o più) sintomi di disattenzione e 6 (o più) sintomi di iperattività-impulsività hanno persistito per almeno 6 mesi. La maggior parte dei bambini e degli adolescenti con questo disturbo presentano il Tipo Combinato. Non si sa se ciò vale anche per gli adulti affetti dal disturbo.
F98.8 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo con Disattenzione Predominante [314.00] Questo sottotipo dovrebbe essere usato se 6 (o più) sintomi di disattenzione (ma meno di 6 sintomi di iperattività-impulsività) sono persistiti per almeno 6 mesi. L’iperattività può essere ancora una manifestazione clinica significativa in molti casi, mentre in altri si tratta solo di disattenzione.
F90.0 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti [314.01] Questo sottotipo dovrebbe essere usato se 6 (o più) sintomi di iperattività-impulsività (ma meno di 6 sintomi di disattenzione) sono persistiti per almeno 6 mesi. Ciò non toglie che in questi casi la disattenzione spesso possa essere una manifestazione clinica significativa.
Procedure di registrazione
I soggetti che nel primo stadio del disturbo hanno il Tipo con Disattenzione Predominante o il Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti possono poi sviluppare il Tipo Combinato e viceversa. Il sottotipo appropriato (per una diagnosi attuale) dovrebbe essere indicato sulla base delle caratteristiche sintomatologiche predominanti negli ultimi 6 mesi. Se i sintomi clinicamente significativi permangono ma non risultano più soddisfatti i criteri per alcun sottotipo, la diagnosi appropriata è Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, in Remissione Parziale. Quando i sintomi di un soggetto non soddisfano al momento tutti i criteri per il disturbo e non è chiaro se i criteri per il disturbo siano stati in precedenza soddisfatti, si dovrebbe fare diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività Non Altrimenti Specificato.
Manifestazioni e disturbi associati
Caratteristiche descrittive e disturbi mentali associati Le caratteristiche associate variano a seconda dell’età e del livello di sviluppo e possono includere scarsa tolleranza alla frustrazione, accessi d’ira, prepotenza, caparbietà, eccessiva e frequente insistenza sul fatto che le richieste siano soddisfatte, labilità d’umore, demoralizzazione, disforia, rifiuto da parte dei coetanei, e scarsa autostima. I risultati scolastici sono spesso compromessi e svalorizzati in modo significativo, e comportano tipicamente conflitti con la famiglia e con le autorità scolastiche. Un’inadeguata applicazione a compiti che richiedono sforzo protratto è spesso interpretata dagli altri come indice di pigrizia, di scarso senso di responsabilità, e di comportamento oppositivo. Le relazioni familiari sono spesso caratterizzate da risentimento e antagonismo, specie perché la variabilità del quadro sintomatologico del soggetto porta spesso gli altri a credere che tutto il comportamento inopportuno sia volontario. Sono spesso presenti dissidi familiari e interazioni genitore-bambino negative. Tali interazioni negative spesso diminuiscono con un trattamento adeguato. In media gli individui con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività ricevono un livello di istruzione inferiore rispetto ai compagni e hanno risultati lavorativi più scarsi. Inoltre, in media, il livello intellettuale valutato con test di QI individuale è di un certo numero di punti inferiore nei bambini con questo tipo di disturbo rispetto a quelli di pari età. Nello stesso tempo è stata evidenziata una grande variabilità del QI: individui che soffrono del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività possono presentare uno sviluppo intellettuale al di sopra della media o eccezionale. Nella sua forma grave il disturbo è significativamente invalidante e compromette l’adattamento sociale e scolastico. Tutti e tre i sottotipi sono associati a significativa compromissione. I deficit accademici e i problemi scolastici, tendono ad essere più pronunciati nei tipi caratterizzati da disattenzione (Tipi con Disattenzione Predominante e Combinato), mentre il rifiuto dei coetanei ed in misura minore le ferite accidentali sono più evidenti nei tipi caratterizzati da iperattività e impulsività (Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti e Combinato). Gli individui con Tipo con Disattenzione Predominante tendono ad essere socialmente passivi e sono trascurati, piuttosto che rifiutati, dai coetanei.
Una percentuale consistente (circa la metà) dei bambini inviati in ambienti clinici con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività ha anche un Disturbo Oppositivo Provocatorio o un Disturbo della Condotta. I tassi di copresenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività con questi altri Disturbi da Comportamento Dirompente sono più alti di quelli con altri disturbi mentali, e questa copresenza è più frequente nei due sottotipi caratterizzati da Iperattività-Impulsività (Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti e Combinato). Tra gli altri disturbi associati vi sono i Disturbi dell’Umore, i Disturbi d’Ansia, i Disturbi dell’Apprendimento e i Disturbi della Comunicazione nei bambini con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività. Sebbene il Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sia presente in almeno il 50% dei soggetti inviati in ambiente clinico con Disturbo di Tourette, la maggior parte dei soggetti con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività non ha associato il Disturbo di Tourette. Quando i due disturbi coesistono, l’insorgenza del disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività spesso precede quello del Disturbo di Tourette.
Può esservi una storia di maltrattamento o di abbandono infantile, sistemazioni adottive multiple, esposizione a neurotossici (per es., avvelenamento da piombo), infezioni (per es., encefalite), esposizione a farmaci in utero o Ritardo Mentale. Sebbene il basso peso alla nascita possa essere talvolta associato a Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività, la maggior parte dei bambini con basso peso alla nascita non sviluppa Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività e la maggior parte dei bambini con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività non ha una storia di basso peso alla nascita.
Reperti di laboratorio associati Non vi sono test di laboratorio, valutazioni neurologiche o dell’attenzione che siano stati ritenuti di valore diagnostico nella valutazione clinica del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Si è notato che i test che richiedono un’elaborazione mentale con sforzo intenso sono anormali in gruppi di soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività rispetto ai coetanei, ma questi test non si sono dimostrati utili se si cerca di determinare se un particolare individuo è affetto dal disturbo. Non si sa ancora quali deficit cognitivi fondamentali siano responsabili per le differenze nei gruppi.
Reperti dell’esame fisico e condizioni mediche generali associate Non vi sono specifiche manifestazioni fisiche associate con il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, sebbene anomalie fisiche minori (per es., ipertelorismo, palato ogivale, bassa attaccatura delle orecchie) possano manifestazioni con maggiore incidenza rispetto alla popolazione generale. Può anche esservi una maggiore incidenza di traumi fisici accidentali.
Caratteristiche collegate a cultura, età e genere
È noto che il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività si manifesta in diverse culture, con variazioni nella prevalenza riportata tra i paesi occidentali che probabilmente derivano più dalle diverse prassi diagnostiche che da differenze nel quadro clinico.
È particolarmente difficile stabilire questa diagnosi nei bambini con meno di 4 o 5 anni di età, perché il loro comportamento caratteristico è molto più variabile di quello dei bambini più grandi e può includere caratteristiche simili ai sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Inoltre, i sintomi di disattenzione nei bambini che muovono i primi passi o nei bambini in età prescolare non sono spesso prontamente osservati perché ai bambini piccoli tipicamente viene richiesta di rado un’attenzione prolungata. Comunque, anche l’attenzione dei bambini che fanno i primi passi può essere tenuta desta in diverse situazioni (per es., un bambino medio di 2-3 anni può tipicamente sedere con un adulto e guardare un libro illustrato). I bambini piccoli con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività si muovono eccessivamente e sono tipicamente difficili da contenere. Un’indagine su un’ampia varietà di comportamenti in un bambino piccolo può essere utile per assicurarsi che sia stato raggiunto un quadro clinico completo. Nei bambini in età prescolare con Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività è stata dimostrata una sostanziale compromissione del funzionamento. Nei bambini di età scolare i sintomi di disattenzione compromettono il lavoro in classe e il rendimento scolastico. I sintomi impulsivi possono inoltre portare ad infrangere le regole familiari, interpersonali ed educative. I sintomi del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sono tipicamente più evidenti durante le scuole elementari. Quando i bambini maturano, i sintomi di solito diventano meno evidenti. Nella tarda fanciullezza e nella prima adolescenza sono meno comuni i segni dell’eccessiva e grossolana attività motoria (per es., correre ed arrampicarsi in maniera smodata, non rimanere seduti) e i sintomi di iperattività possono ridursi all’irrequietezza o a sensazioni interiori di nervosismo o di inquietudine. Nell’età adulta il senso di inquietudine può rendere difficile il partecipare ad attività sedentarie oppure può portare ad evitare passatempi od occupazioni che danno scarse oppurtunità di movimento spontaneo (per es., lavori di ufficio). Il malfunzionamento sociale negli adulti è particolarmente più probabile in quelli che avevano altre diagnosi presenti nella fanciullezza. Bisognerebbe essere cauti nel fare diagnosi di Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività negli adulti esclusivamente sulla base dei ricordi dell’adulto di essere stato disattento o iperattivo da bambino, poiché la validità di questi dati retrospettivi è spesso problematica. Anche se non sempre possono essere disponibili informazioni che sostengano ciò, informazioni corroboranti da parte di altri informatori (inclusi registri scolastici del tempo) sono utili per migliorare l’accuratezza della diagnosi. Il disturbo è più frequente nei maschi che nelle femmine con un rapporto che va da 2:1 a 9:1 a seconda del tipo (cioè il Tipo con Disattenzione Dominante può avere un rapporto tra i sessi meno spiccato) e dell’ambientazione (cioè i bambini inviati in un ambiente clinico tendono ad essere prevalentemente maschi).
Prevalenza
È stato stimato che la prevalenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sia presente dal 3 al 7% nei bambini in età prescolare. Questi tassi variano a seconda della natura della popolazione campionata e del metodo di accertamento. I dati sulla prevalenza nell’adolescenza e nell’età adulta sono limitati. Vi sono dati che fanno pensare che la prevalenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività così come definito nel DSM-IV possa essere in qualche modo maggiore della prevalenza del disturbo basato sui criteri del DSM-III-R a causa dell’inclusione dei Tipi con Iperattività ed Impulsività Predominanti e con Disattenzione Predominante (che nel DSM-III-R sarebbero stati diagnosticati come Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività NAS).
Decorso
La maggior parte dei genitori osserva dapprima un’eccessiva attività motoria quando i bambini muovono i primi passi, che spesso coincide con lo sviluppo della deambulazione indipendente. Comunque, dato che molti bambini iperattivi a questa età non svilupperanno poi un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, particolare attenzione dovrebbere essere dedicata a differenziare la normale superattività dalla iperattività caratteristica del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività prima di fare questa diagnosi nei primi anni di vita. Di solito, il disturbo viene diagnosticato per la prima volta durante le scuole elementari, quando l’adattamento scolastico risulta compromesso. Alcuni bambini con il Tipo con Disattenzione Predominante possono non giungere all’attenzione clinica fino alla tarda fanciullezza. Nella maggior parte dei casi osservati in ambiente clinico, il disturbo è relativamente stabile durante la prima adolescenza. Nella maggior parte dei soggetti, i sintomi (in particolare l’iperattività motoria) si attenuano durante la tarda adolescenza e l’età adulta, sebbene una minoranza dispieghi l’intero corredo dei sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività nella media età adulta. Altri adulti possono mantenere solo alcuni sintomi, nel qual caso si dovrebbe usare la diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, in Remissione Parziale. Questa diagnosi si adatta a soggetti che non hanno più il disturbo completo ma mantengono ancora alcuni sintomi che causano compromissione del funzionamento.
Familiarità
Si è trovato che il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è più comune nei parenti biologici di primo grado di bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività che nella popolazione generale. Dati considerevoli confermano la forte influenza di fattori genetici sui livelli di iperattività, impulsività e disattenzione misurati in modo dimensionale. Comunque, le influenze della famiglia, della scuola e dei coetanei sono anch’essi cruciali nel determinare la misura della compromissione funzionale e della comorbidità. Alcuni studi suggeriscono anche l’esistenza di una maggiore prevalenza di Disturbi dell’Umore e Disturbi d’Ansia, Disturbi dell’Apprendimento, Disturbi Correlati a Sostanze e Disturbo Antisociale di Personalità nei membri della famiglia di soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività.
Diagnosi differenziale
Nella prima fanciullezza, può essere difficile distinguere i sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività dal comportamento adeguato all’età di bambini vivaci (per es., correre intorno o fare chiasso).
I sintomi di disattenzione sono comuni tra i bambini con basso QI che sono collocati in ambienti scolastici inadeguati alle loro capacità intellettive. Questi comportamenti devono essere distinti da segni similari in bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Nei bambini con Ritardo Mentale, una diagnosi aggiuntiva di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività dovrebbe essere fatta solo se i sintomi di disattenzione o di iperattività sono eccessivi rispetto all’età mentale del bambino. La disattenzione in classe può anche verificarsi quando bambini molto intelligenti sono collocati in ambienti poco stimolanti sul piano didattico. Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività deve anche essere distinto dalla difficoltà nel comportamento finalistico in bambini con ambienti inadeguati, disorganizzati, o caotici. I racconti accurati di modalità sintomatologiche ottenuti da più fonti (per es., baby-sitter, nonni, o genitori di compagni di gioco) sono utili per fornire un insieme di osservazioni riguardanti la disattenzione, l’iperattività del bambino, e la sua capacità di autoregolarsi in modo adeguato al livello di sviluppo nei diversi ambienti.
I soggetti con comportamento oppositivo possono fare resistenza a compiti lavorativi o scolastici che richiedono applicazione per riluttanza a conformarsi alle richieste altrui. Questi sintomi devono essere differenziati dall’evitamento dei compiti scolastici osservato nei soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Complica la diagnosi differenziale il fatto che alcuni soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività sviluppano un’attitudine oppositiva secondaria verso tali compiti e svalutano la loro importanza, spesso come razionalizzazione del proprio fallimento.
L’aumentata attività motoria che può verificarsi nel Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività, deve essere distinta dal comportamento motorio ripetitivo che caratterizza il Disturbo da Movimenti Stereotipati. Nel Disturbo da Movimenti Stereotipati il comportamento motorio è in genere focalizzato e fisso (per es., dondolarsi, morsicarsi), mentre l’irrequietezza e l’inquietudine del Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività sono più tipicamente generalizzati. Inoltre, gli individui con Disturbo da Movimenti Stereotipati non sono in genere superattivi; a parte la stereotipia, possono essere ipoattivi.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività non viene diagnosticato se i sintomi sono meglio attribuibili ad un altro disturbo mentale (per es., Disturbo dell’Umore [in particolare il Disturbo Bipolare], Disturbo d’Ansia, Disturbo Dissociativo, Disturbo di Personalità, Modificazione della Personalità Dovuta ad una Condizione Medica Generale, o un Disturbo Correlato a Sostanze). In tutti questi disturbi, i sintomi di disattenzione esordiscono tipicamente dopo i 7 anni di età, e la storia infantile di adattamento scolastico non è generalmente caratterizzata da comportamento dirompente o da lamentale degli insegnanti riguardanti un comportamento distratto, iperattivo, o impulsivo. Quando un Disturbo dell’Umore o un Disturbo d’Ansia insorgono in concomitanza con un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, dovrebbero essere diagnosticati entrambi. Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività non viene diagnosticato se i sintomi di disattenzione e di iperattività si manifestano esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo o di un Disturbo Psicotico. I sintomi di disattenzione, iperattività, o impulsività correlati all’uso di farmaci (per es., broncodilatatori, isoniazide, acatisia da neurolettici) nei bambini con meno di 7 anni non sono diagnosticati come Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività ma sono invece diagnosticati come Altri Disturbi Correlati a Sostanze Non Altrimenti Specificati.
Relazione con i criteri diagnostici per la ricerca dell’ICD-10
Il set di criteri dei criteri diagnostici per la ricerca dell’ICD-10 riguardanti il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è all’incirca lo stesso degli items del set di criteri del DSM-IV, ma gli algoritmi diagnostici sono piuttosto diversi e hanno come risultato una categoria dell’ICD-10 più rigidamente definita. Mentre gli algoritmi diagnostici del DSM-IV richiedono o 6 items di disattenzione o 6 items di iperattività-impulsività, i Criteri Diagnostici per la Ricerca dell’ICD-10 richiedono almeno 6 items di disattenzione, almeno 3 items di iperattività, ed almeno 1 item di impulsività. Invece di suddividere il disturbo sulla base del tipo predominante, l’ICD-10 specifica ulteriormente la condizione a seconda che siano soddisfatti anche i criteri per un disturbo della condotta. Nell’ICD-10, il disturbo viene riportato come Disturbo dell’Attività e dell’Attenzione sotto la rubrica Sindromi Ipercinetiche.
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